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 › Autismo Infantile › Pianto e movimento, i primi segnali per individuare l’autismo – la VOCE del TRENTINO

Pianto e movimento, i primi segnali per individuare l’autismo – la VOCE del TRENTINO

Redazione Luglio 27, 2015     No Comment    

 

Si sviluppa il Network Nida, coordinato dall’Istituto superiore di sanità, per una diagnosi di questa malattia.

Prevede, attraverso un protocollo di sorveglianza e valutazione del neurosviluppo di bambini. Secondo gli esperti anomalie nel pianto e nel movimento possono aiutare a identificare l’autismo nei bambini

article-1116602-030EFF8D000005DC-57_468x414[1]DIAGNOSI precoce dell’autismo, dalla pancia della mamma entro i tre anni di età per affrontare prima il disturbo. E’ il progetto avviato dall’Istituto superiore di sanità ed ora rilanciato da una partership pubblico-privato con il sostegno della Fondazione “I bambini delle fate”. A pochi giorni dal via libera alla Camera Parlamento (ma deve ora tornare al Senato) sulla legge che riguarda lo spettro autistico inserito nei Livelli essenziali di assistenza (con invarianza di spesa, recita l’articolo 6, con conseguenti polemiche e giudizi negativi di molte assocuazioni), si sviluppa il Network Nida, progetto Italiano per il riconoscimento precoce dei Disturbi dello spettro autistico, promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), che grazie ai nuovi finanziamenti potrà proseguire, per individuare marcatori predittivi di tali disturbi già nei primi 18 mesi di vita.

La ricerca. Già individuate nelle prime settimane di vita alcune anomalie nel pianto e nel movimento spontaneo. Da qui, se i dati saranno confermati nei campioni più ampi, si potrà attivare un monitoraggio specifico. In particolare è previsto lo studio e l’osservazione di alcuni indici, quali il pianto neonatale, la motricità spontanea e l’attenzione verso stimoli sociali, nel primo anno di vita di questi bambini.

“Grazie alla rete italiana (avviata per ora nelle regioni Lombardia, Toscana, Lazio e Sicilia) siamo oggi riusciti a diagnosticare precocemente circa il diciassette per cento di casi di disturbi dello spettro autistico e ritardo nello sviluppo del linguaggio nei bambini monitorati ma l’obiettivo è quello di fornire un modello efficace da applicare ogni volta che si presenta una situazione a rischio – ha segnalato Walter Ricciardi, Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità – I successi ottenuti finora da questo network ci hanno permesso di entrare in un proget to europeo che finanzia i maggiori esperti internazionali in grado di fare ricerca sull’identificazione dei segni precoci di autismo e di sindrome dell’iperattività (ADHD)”.

L’alleanza con la Fondazione “Bambini delle Fate” (un contributo di centomila euro) permetterà di allargare per il prossimo anno la rete anche in Piemonte e, successivamente, in altre regioni. Finora la sorveglianza e la valutazione del neurosviluppo di neonati ha riguardato circa 100 bambini. “Riconoscere precocemente significa intervenire precocemente, riducendo così l’impatto di tali disturbi nella vita dei bambini e dei loro familiari” – afferma Maria Luisa Scattoni, ricercatrice del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze.

I finanziamenti. “La nostra Fondazione ha finanziato fino ad oggi progetti per cinque milioni di euro in dieci anni – racconta Franco Antonello (nella foto insieme al figlio), presidente dell’Associazione “I bambini delle fate” – lo facciamo coinvolgendo il mondo delle imprese, oltre seicento in tutta Italia che hanno scelto di sostenere i nostri progetti rendendo pubblici costantemente i destinatari dei nostri finanziamenti e i nomi dei responsabili destinatari dei nostri progetti. Abbiamo scelto l’Istituto Superiore di Sanità per l’importanza degli obiettivi che si propone la costruzione di questa rete e perché con questo progetto la Fondazione si apre anche a una prospettiva europea tanto che la nostra intenzione è quella di raddoppiare l’investimento nel prossimo anno. Lo facciamo anche perché l’autismo ha bisogno di una rete attraverso la quale creare una cultura su questa problematica perché serve un’integrazione reale che spezzi il silenzio e sostenga le famiglie nell’amare e crescere i loro figli“.

Il progetto. Il network coordinato dall‘Iss si avvale della collaborazione dei centri clinici e di ricerca italiani più importanti in questo settore. Il progetto prevede, attraverso un protocollo di sorveglianza e valutazione del neurosviluppo di bambini a basso (nati a termine) e ad alto rischio (fratellini e sorelline di bambini diagnosticati con un ASD), la selezione di strumenti efficaci per la diagnosi precoce e la costituzione di un’equipe multidisciplinare composta da vari esperti: neurobiologi, neuropsichiatri infantili, psicologi, terapisti della neuro e psicomotricità, ingegneri biomedici. Il progetto prevede anche una formazione non solo dei pediatri, ma anche dei genitori e degli operatori degli asili nido per aumentare la consapevolezza rispetto ai campanelli di allarme che possono far sospettare un disturbo dello spettro autistico.

In cosa consiste in concreto? Nei primi mesi di vita, con frequenza costante, registrazioni audio e video del pianto e della lallazione, dei movimenti spontanei, dell’attenzione verso gli stimoli sociali. Il monitoraggio continua fino a 36 mesi durante i quali l’indagine si focalizza su indici motori, vocali e sociali, per l’identificazione precoce di anomalie nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Parallelamente sono effettuate analisi di laboratorio su campioni di saliva e urina dei bimbi e dei loro genitori per l’identificazione di eventuali anomalie nel patrimonio genetico.

Coinvolgere genitori e asili nido. Ai genitori che partecipano al progetto viene chiesto di effettuare due registrazioni video al mese, della durata di 5 minuti ciascuna, durante momenti di interazione con il loro bambino. I video familiari sono infatti una risorsa fondamentale per lo studio del repertorio motorio e socio-comunicativo precoce del bambino. Poi, in collaborazione con il progetto “Otto passi avanti”, il network NIDA organizza un corso di formazione per gli operatori degli asili nido. “Otto passi avanti”-Ocho pasos adelante prende spunto dal film argentino scritto e diretto da Selene Colombo, presentato all’Onu a New York il 2 aprile 2014. Si tratta di un documentario che racconta la vita di cinque bambini argentini affetti da disturbi dello spettro autistico, dal punto di vista dei bambini stessi e delle loro famiglie.

Culture e autismo. La visione multiculturale dei disturbi dello spettro autistico è stata al centro del recente appuntamento che ha coinvolto gli esperti dell’IdO, Istituto di Ortofonologia di Roma, e organizzato da Patrizia Bonaventura, professoressa di Patologia del Linguaggio alla Monmouth University (New Jersey), esperta di fonetica, scienze della parola e metodi di ricerca sui disturbi del linguaggio.

“La sindrome autistica colpisce negli Stati Uniti 1 individuo su 68 (statistiche del Cdc, Center for Disease Control and Prevention: in Europa si parla di un range da 1 su 150 fino a 1 su 86) con una diagnosi che si sta diffondendo sempre di più. La causa dell’autismo non è nota e le terapie non hanno effetti risolutivi – continua Bonaventura – occorre quindi incentivare una collaborazione scientifica internazionale che integri le differenti culture per comprendere meglio l’andatura del disturbo nel mondo. Ad esempio nella cultura indiana vengono accentuati i disturbi comportament ali; negli Usa e in Italia si dà invece risalto ai problemi legati ai ritardi, alle difficoltà nel linguaggio e nell’interazione sociale. Insomma, a diverse visioni ‘culturali’ dell’autismo corrispondono anche terapie basate su principi differenti”.

La terapia proposta è quella del progetto Tartaruga – un approccio intensivo, integrato ed evolutivo per coinvolgere nella terapia la triade bambino con autismo, famiglia e scuola. “Un approccio alla sindrome che non tralascia aspetti psicomotori, difficoltà nella comunicazione cognitiva ed emotiva, unito anche a terapie logopediche per aiutare il bambino a sviluppare le intenzioni comunicative differente da un approccio tipicamente comportamentale“, rimarca l’esperta.

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