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 › Morbo di Alzheimer › Il bilinguismo protegge il cervello dall’Alzheimer – La Repubblica

Il bilinguismo protegge il cervello dall’Alzheimer – La Repubblica

Redazione Febbraio 7, 2017     No Comment    

PER loro saltare rapidamente da una lingua all’altra è una cosa naturale. Non si spaventano mai di fronte a due vocabolari, due architetture grammaticali, due sistemi sintattici diversi. Possono conversare per ore, ad esempio, in italiano o in francese. Sono i bilingui. Già in passato diversi studi avevano messo in evidenza quanto conoscere perfettamente due lingue protegga dalle demenze senili. Ora uno studio italiano ha messo in luce come questa attività modifichi  la funzione cerebrale e ‘protegga’ da alcune malattie, in particolare dall’Alzheimer. Interviene sull’attività metabolica frontale e sulla connettività tra specifiche aree del cervello, tanto da compensare i danni prodotti dalla malattia.

Lo studio, pubblicato su su ‘Proceedings of the National Academy of Sciences’ (Pnas), è stato portato avanti da un team di ricercatori del San Raffaele di Milano che ha analizzato i bilingui nostrani: gli altoatesini.

La ricerca guidata da Daniela Perani, direttrice dell’Unità di neuroimaging molecolare e strutturale in vivo nell’uomo dell’Irccs San Raffaele e docente dell’università Vita-Salute, è la prima a studiare un gruppo ampio di pazienti affetti da demenza di Alzheimer – 85 persone, di cui metà italiani monolingue e metà bilingui, originari dell’Alto Adige – attraverso una tecnica di imaging chiamata FDG-PET (un tipo di tomografia a emissione di positroni che permette di misurare il metabolismo cerebrale e la connettività funzionale tra diverse strutture del cervello).

“Nella ricerca abbiamo studiato il metabolismo del cervello che misura l’attività dei neuroni. Abbiamo scoperto-  spiega Perani – che i bilingui hanno una maggior riserva cerebrale. Anche studiano i bilingui che sviluppano una demenza, scopriamo che in loro i circuiti del controllo cognitivo sono più forti”.

Tutti i vantaggi dei bilingue In linea con le precedenti evidenze, i pazienti bilingui affetti da demenza di Alzheimer sono risultati in media più vecchi di 5 anni rispetto ai monolingue e hanno ottenuto punteggi più alti in alcuni test cognitivi volti a valutare la memoria verbale e visuo-spaziale (la capacità di riconoscere luoghi e volti). Ma l’uso della Fdg-Pet ha svelato anche che questi pazienti, a fronte della migliore performance cognitiva, hanno un metabolismo più gravemente ridotto nelle aree cerebrali tipicamente colpite dalla malattia, indice di neurodegenerazione, rispetto ai pazienti monolingue.

E’ la prova, spiegano gli autori dello studio, che il bilinguismo costituisce una cosiddetta ‘riserva cognitiva’ che funziona da difesa contro l’avanzare della demenza. “È proprio perché una persona bilingue è capace di compensare meglio gli effetti neurodegenerativi dell’Alzheimer che il decadimento cognitivo e la demenza insorgeranno dopo, nonostante il progredire della malattia”, sottolinea Perani. Ma quali sono i meccanismi di compensazione? I ricercatori mostrano che il cervello dei pazienti bilingue, rispetto a quello dei monolingue, presenta una maggiore attività metabolica nelle strutture frontali – implicate in compiti cognitivi complessi – e una maggiore connettività cerebrale in due network che sottendono le funzioni di controllo cognitivo ed esecutivo.

Sarebbero anche questi meccanismi a garantire ai pazienti bilingue performance cognitive migliori a fronte della perdita di strutture e funzioni cerebrali importanti. Con un questionario ad hoc sull’uso delle due lingue, i ricercatori hanno inoltre stabilito che gli effetti positivi del bilinguismo dipendono anche dal livello di esposizione e di utilizzo delle due lingue. “Si osserva – conclude Perani – che più le due lingue sono utilizzate, maggiori sono gli effetti a livello cerebrale e migliore è la performance. Il punto non è quindi conoscere due lingue, ma usarle in maniera attiva e durante tutto l’arco della vita. Questo dovrebbe suggerire alle politiche sociali degli interventi atti a promuovere e mantenere l’uso delle lingue e altrettanto dei dialetti nella popolazione”. “Ed è un peccato – aggiunge la ricercatrice – che nel secolo scorso siano stati annientati i dialetti. E’ stato devastante perché tante persone avrebbero conosciuto automaticamente due lingue: l’italiano e il dialetto”.

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