Negli ultimi anni, l’uso di chatbot basati sull’intelligenza artificiale (IA) come terapisti personali sta crescendo rapidamente in Australia.
Molti utenti vedono queste tecnologie come un’alternativa gratuita e facilmente accessibile alle tradizionali valutazioni cliniche professionali. Tuttavia, questa tendenza solleva importanti preoccupazioni riguardo all’efficacia e alla sicurezza di tali strumenti, specialmente per chi si trova in condizioni emotive fragili o vulnerabili.
La dottoressa Sara Quinn, presidente della Australian Psychological Society, ha recentemente condiviso con ABC News le sue riflessioni sull’argomento, sottolineando la necessità di un equilibrio sano tra l’uso dell’IA e la terapia faccia a faccia.
In questo articolo, approfondiremo le sue parole e analizzeremo i rischi e i limiti dell’uso dei chatbot IA nel campo della salute mentale.
L’ascesa dei chatbot IA come “terapisti” personali
Con il progresso tecnologico e la diffusione degli strumenti digitali, molte persone stanno iniziando a utilizzare chatbot di intelligenza artificiale per affrontare questioni legate alla salute mentale. Questi programmi, progettati per simulare una conversazione umana, sono spesso percepiti come un supporto accessibile e immediato, soprattutto per chi non può permettersi o non vuole ricorrere a un professionista qualificato.
In Australia, questa pratica sta diventando sempre più comune, spinta dalla promessa di un aiuto gratuito e disponibile 24 ore su 24. Tuttavia, come evidenzia la dottoressa Quinn, la realtà è molto più complessa. Sebbene i chatbot possano stimolare l’interazione, mancano di quella profondità emotiva, consapevolezza culturale e giudizio professionale indispensabili per un trattamento psicologico efficace.
I limiti emotivi e contestuali dell’IA nella terapia
La dottoressa Quinn mette in evidenza come l’IA non sia in grado di navigare le “zone grigie” che caratterizzano molte esperienze umane difficili, quali traumi, identità, lutto e dinamiche interpersonali complesse. Queste situazioni richiedono una comprensione contestuale profonda, che solo un professionista umano può offrire. L’IA, infatti, può fornire risposte che sembrano utili nel momento, ma che in realtà non soddisfano i reali bisogni psicologici dell’individuo e, in alcuni casi, possono perfino rafforzare credenze dannose.
“La nostra ricerca avverte di quella che chiamiamo pseudo intimità. È quando l’utente può sentirsi connesso, ma l’interazione manca di quella reciprocità emotiva essenziale. La terapia non riguarda solo le parole, ma il significato, la connessione e la fiducia, elementi che l’IA non può replicare.” – Dr. Sara Quinn
Questa “pseudo intimità” è particolarmente pericolosa perché può dare all’utente un falso senso di supporto e comprensione, senza però fornire l’effettiva qualità terapeutica necessaria per il recupero, soprattutto tra le persone più vulnerabili della società.
L’apprendimento automatico: un’arma a doppio taglio
Un altro elemento di criticità riguarda il modo in cui funzionano i chatbot IA. Questi strumenti apprendono e adattano le risposte in base alle interazioni con l’utente, ma questo processo non significa che siano effettivamente personalizzati per aiutare l’individuo a progredire nel suo percorso di salute mentale. Al contrario, tendono a ripetere e rafforzare le risposte che l’utente sembra desiderare o a cui reagisce positivamente, senza una reale capacità di guidare verso un miglioramento duraturo.
La dottoressa Quinn avverte che dobbiamo essere molto cauti a non confondere l’IA con un sostituto valido del supporto psicologico qualificato, soprattutto in assenza di una regolamentazione adeguata. L’uso non regolamentato di questi strumenti rischia di normalizzare un supporto “transazionale” e non qualificato, che può essere dannoso.
Rischi di dipendenza e conferma di bias negativi
Un rischio importante è che gli utenti, specialmente quelli più vulnerabili o in condizioni di grande disagio, possano sviluppare una dipendenza dai chatbot IA anziché cercare un aiuto professionale qualificato. Questo è particolarmente pericoloso in situazioni di crisi, dove l’IA non è in grado di valutare il rischio né di intervenire adeguatamente.
Inoltre, i chatbot possono involontariamente rafforzare schemi di pensiero negativi, un fenomeno noto come confirmation bias. Quando una persona in difficoltà riceve risposte che confermano le sue paure o convinzioni dannose, senza una sfida costruttiva o un sostegno adeguato, il rischio di peggioramento psicologico aumenta.
La dottoressa Quinn sottolinea che in momenti di estrema necessità, è fondamentale fornire un supporto che sfidi in modo appropriato questi schemi e che sia in grado di riconoscere e gestire l’escalation dei sintomi, per indirizzare tempestivamente verso cure professionali.
Preoccupazioni sulla privacy e la gestione dei dati
Oltre agli aspetti clinici, vi sono anche serie preoccupazioni relative alla privacy e alla sicurezza dei dati personali condivisi con i chatbot IA. Nel contesto della psicologia tradizionale, la gestione delle informazioni è rigorosamente regolata per garantire la riservatezza e la protezione del paziente.
Quando una persona parla con un professionista psicologo, viene informata chiaramente su come verranno conservati e utilizzati i suoi dati, e il consenso è parte integrante del processo terapeutico. Al contrario, molti chatbot IA non offrono lo stesso livello di trasparenza o di controllo sui dati, che possono essere archiviati su server internet senza garanzie adeguate.

La dottoressa Quinn esprime grande preoccupazione per questa mancanza di regolamentazione e trasparenza: “Chi possiede questi dati? Chi è responsabile se qualcosa va storto? Solo i professionisti qualificati possono gestire il consenso informato in modo sicuro e affidabile.”
Con l’evoluzione rapidissima della tecnologia IA, le normative faticano a stare al passo. È quindi urgente che il governo australiano intervenga per regolamentare l’uso dell’IA nel contesto della salute mentale, soprattutto in situazioni ad alto rischio.
La necessità di regolamentazione e ricerca continua
La presidente della Australian Psychological Society ribadisce la necessità di protezioni più forti per la comunità e investimenti nella ricerca per comprendere meglio l’impatto psicologico dell’uso dell’IA, con particolare attenzione ai giovani, che sono tra i maggiori utilizzatori di queste tecnologie.
Essendo abituati fin dalla giovane età a interagire con l’IA, i giovani potrebbero sviluppare abitudini di utilizzo che influenzano il loro benessere mentale in modi ancora poco chiari. È quindi cruciale approfondire gli effetti a lungo termine e definire standard etici e operativi rigorosi.
Principali richieste per il futuro
- Regolamentazione specifica dell’uso dell’IA in ambito psicologico e sanitario.
- Trasparenza e tutela della privacy degli utenti.
- Investimenti in ricerca per valutare gli effetti psicologici dell’IA, soprattutto sui giovani.
- Educazione degli utenti sui limiti e sui rischi dell’uso dei chatbot IA.
- Promozione dell’accesso a terapie professionali qualificate come standard di cura.
Conclusioni: un equilibrio necessario tra tecnologia e umanità
L’uso crescente di chatbot IA come strumenti di supporto psicologico rappresenta una sfida importante per il settore della salute mentale. Da un lato, queste tecnologie offrono un accesso immediato e gratuito a un primo livello di aiuto, potenzialmente utile in contesti di scarsità di risorse o per chi è riluttante a rivolgersi a un terapeuta.
Dall’altro lato, come evidenzia la dottoressa Sara Quinn, la mancanza di profondità emotiva, consapevolezza contestuale e capacità di gestione del rischio rende i chatbot inadatti a sostituire il supporto umano qualificato. Inoltre, le questioni legate alla privacy e alla sicurezza dei dati rappresentano un altro ostacolo significativo.
Per garantire un uso responsabile e sicuro dell’IA in ambito terapeutico, è indispensabile sviluppare una regolamentazione rigorosa e promuovere una maggiore consapevolezza tra gli utenti. Solo così si potrà sfruttare il potenziale dei chatbot IA come complemento e non come sostituto della terapia tradizionale, proteggendo al contempo le persone più vulnerabili e assicurando un reale benessere psicologico.
La tecnologia avanza rapidamente, ma la nostra responsabilità etica e professionale deve rimanere salda, guidando l’integrazione dell’IA in modo che sia sempre al servizio della salute e della dignità umana.
Link Fonte
Psychologist urges caution using AI chatbots as personal therapists | ABC NEWS – https://www.youtube.com/watch?v=zy476fcweqU