Le decisioni prese dai caregiver riguardo al trattamento dei pazienti con disturbo borderline di personalità (BPD) tramite cure obbligatorie sollevano importanti questioni etiche e pratiche. Un nuovo studio della psichiatra Antoinette Lundahl indaga su queste domande, rivelando che le cure obbligatorie potrebbero non essere efficaci e potrebbero persino aumentare il rischio di suicidio per questi pazienti.
La ricerca dimostra che l’inclinazione a prescrivere cure obbligatorie varia molto tra i clinici, portando a una disparità nelle cure ricevute. Anche se le cure obbligatorie vengono spesso considerate misure preventive contro il suicidio, queste pratiche sono correlate a vari danni per i pazienti, incluso un maggiore rischio di suicidio.
Key Takeaways
- Le cure obbligatorie per il BPD potrebbero non essere efficaci.
- Esiste una disparità nella decisione dei clinici sul ricorso a cure obbligatorie.
- Le cure obbligatorie possono aumentare il rischio di suicidio nei pazienti con BPD.
Rinchiusi in un reparto
Detenzione attraverso cure obbligatorie significa essere rinchiusi in un reparto psichiatrico ospedaliero. Immagina di non sapere per quanto tempo sarai bloccato e di essere costretto a prendere farmaci sotto costrizione. Per una violazione così grande della libertà personale, le ragioni mediche dovrebbero essere così forti da rendere i benefici superiori ai danni.
Lundahl sottolinea che non è contraria alla cura obbligatoria di per sé. Crede che sia giustificabile se, ad esempio, tali cure sono di grande aiuto per il paziente e non possono essere fornite con altri mezzi. Dal punto di vista medico-etico, la cura obbligatoria dovrebbe essere utilizzata solo quando il paziente non ha la capacità di prendere decisioni sulle cure, ad esempio a causa di una psicosi che distorce la percezione della realtà.
I pazienti con disturbo borderline di personalità di solito non rientrano in questa categoria. Tuttavia, le linee guida cliniche per i pazienti con BPD e a rischio di suicidio sono vaghe. Intuitivamente, bloccare e monitorare i pazienti suicidi sembra la scelta più sicura, ma è possibile che la cura obbligatoria dei pazienti con BPD aumenti piuttosto che diminuire il rischio di suicidio.
Esperienze e ricerche accumulata suggeriscono che il rischio di suicidio possa aumentare con tali cure, o almeno che la cura obbligatoria non riesca a diminuire il rischio di suicidio per questi pazienti. La tesi di Lundahl mostra che ci possono essere altri motivi oltre a quelli medici per ordinare la cura obbligatoria per i pazienti con BPD. Ad esempio, i medici temono di essere denunciati se dimettono un paziente suicida, il che può avere l’effetto opposto.
In uno dei suoi studi, il personale sanitario ha dichiarato che il comportamento di autolesionismo dei loro pazienti aumenta dopo solo pochi giorni di cure obbligatorie. Sembra esserci qualcosa di tossico nelle cure obbligatorie, forse perché privano i pazienti della loro autonomia, che può essere percepita come toccare il fondo.
Altri fattori rilevanti
- Disagio emotivo: I pazienti possono sperimentare una maggiore instabilità emotiva.
- Sintomi dissociativi: Le cure obbligatorie possono esacerbare i sintomi dissociativi.
- Trauma dell’infanzia: Esperienze traumatiche precedenti possono influenzare la risposta alla cura obbligatoria.
Sintomi e Comorbidità
Sintomi | Comorbidità psichiatriche |
---|---|
Psicosi | Depressione |
Allucinazioni | Disturbo da stress post-traumatico |
Deliri | Carattere psicotico |
Paranoia | Impulsività |
Comportamenti a Rischio
- Ideazione suicidaria
- Autolesionismo
- Comportamenti suicidari
Le unità di emergenza mentale devono quindi affrontare sfide complesse quando trattano con pazienti a rischio di suicidio. La necessità di valutazioni precise del rischio di suicidio è critica, ma anche una considerazione attenta delle implicazioni della cura obbligatoria.
Argomentazione Filosofica
I psichiatri che decidono di ricorrere all’assistenza obbligatoria affrontano dilemmi etici significativi. Un quesito centrale riguarda la giustificazione etica del trattamento obbligatorio dei pazienti con disturbo borderline di personalità (BPD) come misura salvavita.
Il rispetto dell’autonomia del paziente rappresenta un principio fondamentale dell’etica medica. Un paziente dovrebbe avere il diritto di rifiutare le cure, purché sia capace di prendere decisioni autonome, e i pazienti con BPD solitamente possiedono tale capacità. Altrettanto cruciale è il principio che il trattamento dovrebbe apportare più benefici che danni.
Nell’analisi di Lundahl, non risulta che la cura obbligatoria per i pazienti con BPD rispetti questo principio di beneficenza. La compresenza di dilemmi etici, come il bilancio tra autonomia e beneficenza, richiede una considerazione approfondita della volontà autentica del paziente e dei suoi migliori interessi. La letteratura bioetica spesso esamina come queste tematiche si intersecano con leggi come lo Swedish Mental Health Act e con il concetto di capacità mentale.
Alternative alla cura obbligatoria
Alcune cliniche in Svezia adottano brevi ricoveri ospedalieri volontari seguiti da psicoterapia ambulatoriale. Questa combinazione aiuta i pazienti a gestire le loro emozioni durante le crisi ed è considerata efficace.
Contratti di Ulysses: Strumenti che consentono ai pazienti di concordare preventivamente le modalità di trattamento durante le crisi. Questi contratti possono ridurre la necessità di cure obbligatorie.
Servizi di crisi possono essere utilizzati come un’alternativa, fornendo supporto immediato e evitando il ricovero obbligatorio. I risultati di sondaggi con questionari mostrano che i pazienti preferiscono queste opzioni.
Gli operatori di salute mentale possono seguire linee guida cliniche per gestire il disturbo borderline di personalità senza ricorrere a misure obbligatorie. La gestione primaria può includere educazione, supporto e terapie per gestire il disturbo in maniera meno invasiva.
Includendo trattamenti volontari e contratti condivisi, si potrebbe migliorare l’esperienza del paziente e ridurre la dipendenza dalla cura obbligatoria.
Conclusioni
Il TSO per i pazienti con DBP solleva serie preoccupazioni etiche e pratiche. La ricerca suggerisce che questa pratica potrebbe essere non solo inefficace, ma potenzialmente dannosa.
L’aumento del rischio di suicidio e l’incremento dei comportamenti autolesivi dopo pochi giorni di ricovero coatto sono particolarmente allarmanti.
Inoltre, la variabilità nelle decisioni dei clinici riguardo al TSO può portare a disparità di trattamento.
È fondamentale riconsiderare l’approccio al trattamento dei pazienti con DBP, privilegiando alternative meno restrittive. Brevi ricoveri volontari seguiti da psicoterapia ambulatoriale si sono dimostrati efficaci nel gestire le crisi emotive.
Questi metodi rispettano l’autonomia del paziente, un principio etico cruciale in medicina.In definitiva, la tesi di Lundahl sottolinea la necessità di un cambiamento di paradigma nella cura dei pazienti con DBP. È essenziale bilanciare la sicurezza del paziente con il rispetto della sua autonomia, cercando approcci terapeutici che facciano più bene che male. Solo attraverso una rivalutazione critica delle pratiche attuali e l’adozione di metodi basati sull’evidenza potremo migliorare significativamente la qualità delle cure per questa complessa popolazione di pazienti.
Fonte:
- New thesis calls compulsory care of people with borderline personality disorder into question – https://medicalxpress.com/news/2024-06-thesis-compulsory-people-borderline-personality.html