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 › Depressione › Schema Therapy applicata alla Depressione – Stateofmind.it

Schema Therapy applicata alla Depressione – Stateofmind.it

Redazione Giugno 8, 2018     No Comment    

Schema Therapy

Schema Therapy

L’ormai sempre più diffuso modello della Schema Therapy è stato applicato, con preliminari prove di efficacia, anche al trattamento dei sintomi depressivi e in particolare della depressione cronica.

Lo sviluppo del modello specifico per questo disturbo nasce con Huibers & Renner e si sviluppa ulteriormente grazie all’aggiuntivo contributo di Arntz (2013). Gli autori propongono un modello cognitivo di funzionamento per la depressione cronica che integra alcuni elementi della Schema Therapy, partendo dall’analisi della letteratura che ne identifica i principali fattori di rischio (sia distali che prossimali). In particolare questi riguardano:

  1. Esperienze precoci sfavorevoli (frustrazioni di bisogni emotivi fondamentali e stili parentali disfunzionali),
  2. Tratti di personalità patologici (riguardanti soprattutto tratti dei disturbi di personalità del Cluster C)
  3. Presenza di schemi maladattivi precoci (abbandono, fallimento, deprivazione emotiva e altri).

Ulteriori fattori interpersonali disfunzionali come l’evitamento sociale o la mancanza di assertività, rappresentano aggiuntivi fattori di mantenimento del quadro depressivo. In seguito, diverse ricerche hanno studiato la presenza di schemi maladattivi in campioni clinici e non, osservando come chi avesse sintomi depressivi presentasse punteggi più elevati su tutti gli schemi maladattivi precoci, rispetto ai soggetti di controllo asintomatici.

Schema Therapy e depressione: il ruolo dell’evitamento

Nel tentativo di confermare queste evidenze e di indagare aspetti ancora inesplorati, il nostro lavoro si è prefissato l’obiettivo di approfondire i costrutti della Schema Therapy, cercando di analizzare il ruolo, ad oggi tralasciato, dei mode e degli stili di coping di evitamento, all’interno del quadro depressivo. In particolare il focus sui coping di evitamento è stato esaminato poiché individuato da Renner come un aspetto cardinale nel mantenimento del quadro depressivo.

In un campione di oltre duecento soggetti tratti dalla popolazione non clinica sono stati misurati le caratteristiche e la gravità di eventuali sintomi depressivi (Centre for Epidemiological Studies-Depression Scale, CES-d), la pervasività degli schemi disfunzionali (Young Schema Questionnaire-75, YSQ-75) e dei mode (Schema Mode Inventory, SMI) e la tipologia di stili di coping di evitamento (Young Avoidance Inventory, YRAI).

In una prima analisi sul campione totale, in accordo con la letteratura, abbiamo osservato una forte associazione positiva tra pervasività e gravità degli schemi, dei mode e dei coping evitanti e importanza della sintomatologia depressiva. In particolare, una prima analisi di regressione ha permesso di identificare negli schemi di inadeguatezza/vergogna, grandiosità, abbandono, standard elevati/ipercriticismo e deprivazione emotiva i principali predittori del livello di gravità del disturbo.

I mode che meglio spiegavano il quadro depressivo erano il bambino abbandonato/ vulnerabile e l’impulsivo e il mode del genitore esigente/con standard elevati (che rappresenta l’attivazione dello schema di standard elevati/ipercriticismo). Mentre, tra le varie strategie di evitamento, le modalità intra-psichiche predicevano meglio delle altre il punteggio nella CES-d. In una ulteriore analisi aggiuntiva, il campione totale di soggetti è stato suddiviso in due gruppi con bassi e alti punteggi nella CES-d (in base al punto percentile, rispettivamente sotto il 25° e sopra il 75°). In questo modo è stato possibile confrontare tra loro soggetti con bassi e alti livelli di depressione, dove nel secondo gruppo il punteggio medio nella scala depressiva è risultato particolarmente elevato (M=31.6, dove il cut-off clinico è pari a 23).

In linea con le attese iniziali e con la letteratura, i partecipanti depressi hanno riportato la presenza di schemi e mode disfunzionali più severi, rispetto al campione di controllo asintomatico, mostrando anche associazioni positive particolarmente elevate tra gli schemi di abuso/sfiducia e abbandono, i mode del protettore distaccato (ovvero, un coping di evitamento), del genitore esigente e del bambino abbandonato e arrabbiato/impulsivo. In una seconda analisi di regressione multipla condotta nel solo campione di soggetti depressi, la gravità dei sintomi veniva spiegata dagli schemi di abbandono, standard elevati/ipercriticismo, sottomissione e grandiosità per il 55% della varianza del punteggio ottenuto nella CES-d, mentre tra i mode il genitore esigente/con standard elevati (nuovamente null’altro che l’attivazione dello schema standard elevati/ipercriticismo) spiegava da solo il 24% del livello depressivo. Infine, la dissociazione e altre strategie di evitamento intra-psichiche spiegavano il 40% della varianza del punteggio nella CES-d.

I dati di questo lavoro supportano quanto emerso precedentemente in letteratura, come anche il modello di Renner (2013) e suggeriscono di porre particolare attenzione anche ai mode disfunzionali (come il genitore esigente/con standard elevati, il bambino abbandonato e quello arrabbiato/impulsivo) e alle strategie di evitamento intra-psichico, che sembrano avere un ruolo nel caratterizzare il funzionamento dell’individuo depresso. Pur tenendo conto dei limiti del presente lavoro (campione non clinico, utilizzo di strumenti self-report), questi dati, assieme agli altri, suggeriscono la possibilità di spiegare la depressione, la sua eziologia e il suo funzionamento, integrando gli elementi già noti indagati e trattati con la Terapia Cognitivo-comportamentale (TCC), con nuovi elementi e nuove tecniche provenienti dal modello della Schema Therapy.

L’utilizzo di un approccio emotivo-esperienziale come quello della Schema Therapy permette al terapeuta di intervenire, per esempio tramite la tecnica dell’imagery with resripting o la tecnica delle sedie, sui mode disfunzionali genitoriali o sugli stili di coping evitanti, con lo scopo di arginarli o de-potenziarli, promuovendo in parallelo l’appagamento dei bisogni emotivi fondamentali frustrati (accudimento, accettazione, incoraggiamento e così via) del paziente.

Depressione
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