Salute, quando lo psicofarmaco non fa bene
— 12 aprile 2015
Quella di oggi è una società malata. Per ogni dolore c’è una medicina apposita, ma vi si ricorre anche semplicemente per sentirsi ancora meglio. Medicine di tutti i tipi, psicofarmaci compresi.
Per sballarsi mischiandoli all’alcol, per non sentire i morsi della fame, per dormire dopo aver preso troppi eccitanti ma anche per migliorare i propri risultati scolastici. Presi nell’armadietto delle medicine di casa, comprati online. Spesso senza sapere quello che si assume e le conseguenze che possono provocare.
In Italia negli ultimi 12 mesi, tra i 15 e i 19 anni, li hanno usati in 200mila, i consumatori abituali sono stati 43mila. I dati sono dello studio Espad Italia (european school survey project on alchol and other drugs) condotto dall’istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa. Fenomeno più elevato rispetto a quello che succede nel resto d’Europa, dove la percentuale di utilizzatori è del 6% contro il nostro 10%.
Dati che mostrano una realtà preoccupante. Come riporta il Times, alcuni medici hanno ufficialmente chiesto che i farmaci nati per curare le disfunzioni dell’attenzione e della memoria, siano utilizzati per migliorare le prestazioni. Un modo, secondo loro, per prevenire il commercio non regolato della rete.
Viviamo in un mondo in cui per raggiungere un risultato al sacrificio è preferibile un escamotage, anche se di natura chimica. Ma la chimica che è in quei farmaci (di questo si tratta) non è innocua. La loro azione prolungata modifica l’equilibrio chimico del cervello, che sempre più dipenderà da quella sostanza. Così da soggetti sani si diventa soggetti malati.
Un meccanismo favorito anche da molti medici, anche non specialisti, che troppo facilmente prescrivono gli psicofarmaci. Basta essere tristi per un periodo un po’ più lungo del previsto, essere un po’ stressati, perfino essere arrabbiati o timidi per far scattare la prescrizione medica.
Fenomeno che, purtroppo, riguarda anche i bambini che troppo leggermente vengono etichettati come iperattivi, quando sono semplicemente dei bulli o svogliati. Iperattivi, quindi malati e da curare. Con gli psicofarmaci.
Un allarme lanciato anche dallo “psichiatra riluttante”, come egli stesso si definisce, Pietro Cipriano nel suo ultimo saggio “Il manicomio chimico”.