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 › Cannabis THC › Lo scienziato Pinna: «Cannabis, il vero anti-stress» – ESCLUSIVE – Lettera43

Lo scienziato Pinna: «Cannabis, il vero anti-stress» – ESCLUSIVE – Lettera43

Redazione Luglio 25, 2015     No Comment    

Cannabis contro ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico.
È questa la sfida di Graziano Pinna, scienziato sardo docente alla University of Illinois di Chicago.
Pinna è pronto a sviluppare una ricerca finanziata dal dipartimento della Difesa statunitense: un milione di dollari per curare neuropatologie che colpiscono i reduci delle guerre in Iraq e in Afghanistan, ma non solo.
«MOLECOLE DEL NOSTRO CORPO». «I fitocannabinoidi e gli endocannabinoidi sono spesso collegati nel dibattito pubblico al mondo del proibito e dell’illecito, ma in realtà si tratta di molecole prodotte dal nostro organismo», spiega lo scienziato.
Queste si legano in recettori nel cervello, regolando diverse funzioni fisiologiche, tra cui l’umore.
Hanno quindi enormi potenzialità in campo medico.
«COSÌ FARMACI PIÙ SELETTIVI». «Possono aprire la strada alla creazione di nuovi farmaci più selettivi, che imitino gli stessi meccanismi e abbiano effetti benefici su alcune patologie», aggiunge Pinna.
In un momento in cui il dibattito sulla cannabis infiamma il parlamento italiano, questa ricerca riporta il focus su uno degli aspetti che più spingono verso la liberalizzazione.
«LIBERALIZZARE HA DEI VANTAGGI». «Riconosco che, a prescindere dall’utilità terapeutica, la liberalizzazione della cannabis presenta alcuni vantaggi», sostiene Pinna, «tuttavia sarebbe opportuno spiegare chi può utilizzarla, come, dove e perché. Qui si parla di ricerca medico-scientifica e non di uso di marijuana come tanti lo concepiscono».

  • Graziano Pinna, docente alla University of Illinois di Chicago.

DOMANDA. Com’è nata l’idea di questo studio?
RISPOSTA. Faccio ricerca sull’ansia da quando ho iniziato la carriera, 22 anni fa all’Università di Cagliari. Buona parte delle mie ricerche è improntata sullo studio dei meccanismi neuronali responsabili di ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico (Ptsd).
D. Non è certo la prima volta che si sente parlare dell’uso della cannabis a scopo terapeutico.
R. Per l’ansia esiste già una medicina dal 1985. Contiene tetrahydrocannabinol (Thc), ma non ha altri composti che si trovano nella marijuana.
D. Effetti?
R. Aumenta l’appetito e induce amnesia a breve termine. L’interferenza con la memoria è un aspetto importante nella cura dei processi di consolidamento delle memorie patologiche e traumatiche che inducono lo sviluppo del disordine post-traumatico da stress.
D. La sua ricerca che novità presenta?
R. Studiamo il meccanismo molecolare dell’azione farmacologica ansiolitica e anti-paura dei fitocannabinoidi (cannabis) e degli endocannabinoidi.
D. Come si comportano?
R. Queste ultime sono molecole prodotte dal nostro organismo e si legano in recettori nel cervello, regolando diverse funzioni fisiologiche, tra cui l’umore. Si alterano in condizioni di stress protratto.
D. Qual è il suo tipo di approccio?
R. Mettere insieme la neurofarmacologia con la genetica, l’uso di modelli sperimentali di stress post-traumatico nel topo e l’utilizzo di tecnologie “state-of-the-art” (d’avanguardia, ndr).
D. Con che frequenza le persone che subiscono un trauma svilppano stress?
R. Ci sono categorie a rischio. Un soldato su quattro di ritorno da Afganistan e Iraq è affetto dalla patologia. Ma anche il 50% dei bambini abusati.
D. Come si curano oggi gli effetti?
R. Non esiste una terapia per lo stress post-traumatico: i farmaci ansiolitici sono inefficaci. La miglior terapia rimane l’uso degli anti-depressivi come il Prozac.          
D. Come mai gli ansiolitici sono inefficaci?
R. Sono importanti assieme alla terapia cognitivo-comportamentale, ma nel 50-60% dei pazienti i sintomi riaffiorano col passare del tempo.
D. È per questo che la sua ricerca è importante?
R. Lo sviluppo di nuovi medicinali può nascere solo dalla comprensione più approfondita di come le memorie patologiche e traumatiche sono elaborate e conservate nel cervello, in aree come l’ippocampo e l’amigdala.
D. Con l’apporto della cannabis…
R. Questo però non significa che sia la medicina per tutti i mali, né che debba essere utilizzata direttamente la marijuana.
D. Cioè?
R. La cannabis ha dozzine di azioni farmacologiche e le medicine prodotte sinteticamente possono essere più selettive, perché prive delle svariate sostanze attive presenti nella marijuana.  
D. Potenzialità della marijuana in ambito medico?
R. In America le prescrizioni sono richieste per chi soffre di dolori cronici, di forme di cancro e di malattie come il glaucoma. Oppure per spasmi muscolari dovuti alla sclerosi multipla, nausea causata dalla chemioterapia, mancanza di appetito e perdita di peso in malattie croniche come quelle causate dall’Hiv; ma anche per il trattamento di convulsioni.
D. E i pazienti cosa possono fare?
R. Negli Stati in cui è passata la legge, sono muniti di una “marijuana card” che permette di comprarla da un venditore autorizzato.
D. Cosa può portare questa ricerca al dibattito sulla liberalizzazione delle droghe leggere in Italia?
R. Una comprensione maggiore del sistema cannabinoide, in modo tale che non sia più legato esclusivamente all’illecito o al proibito, ma anche alla regolazione dell’umore.  
D. Nel nostro Paese sarebbe stato possibile portare a termine uno studio del genere?
R. Con i dovuti fondi e con gli strumenti tecnologici adeguati, sì. Ma come mai è così difficile reperire i soldi necessari? Questo problema interessa qualsiasi campo della ricerca in Italia.
D. Legalizzerebbe la cannabis?
R. In commercio ci sono droghe ben peggiori: il tabacco e l’alcol.
D. Che vantaggi avremmo da un’apertura storica?
R. Un aiuto a sconfiggere la criminalità organizzata che ruota intorno al suo mercato illegale. E si libererebbero enormi risorse che possono essere impiegate a beneficio della popolazione.
D. Come negli Stati Uniti.
R. Lì c’è stato un incentivo economico non indifferente.
D. Perché in alcuni Paesi c’è ancora così tanto scalpore?
R. Colpa di un’ignoranza di fondo. Sarebbe opportuno spiegare bene chi può utilizzarle, come, dove e perché. Qui si parla di ricerca medico-scientifica, non di uso di marijuana come forse tanti di noi lo concepiscono.
D. Meglio porre delle restrizioni?
R. Credo sia una sostanza da evitare per gli adolescenti, perché rappresenterebbe un problema nella prosecuzione degli studi. E anche per chi volesse progredire nella propria carriera.
D. In che senso?
R. La cannabis potrebbe eliminare quell’ansia fisiologica che precede una prestazione o una performance. In questo caso verrebbe meno la molla che ci rende capaci di superare un esame o di aver successo nelle sfide imposte dalla nostra carriera.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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