Si torna a parlare di cannabis, argomento da sempre molto controverso in Italia. Il dibattito torna agli onori della cronaca in seguito ad una proposta di legge per la legalizzazione della cannabis sottoscritta da 218 parlamentari provenienti da quasi tutti gli schieramenti politici: PD, M5S, SEL, Misto ma anche FI e SC.
“Sono aumentati i consumatori, sono aumentati i soldi alle mafie e i processi”, osserva il promotore dell’Intergruppo, Benedetto Della Vedova, “il proibizionismo ha fallito”. A sostenere questa stessa tesi è stata qualche mese fa anche la direzione nazionale antimafia che nella sua relazione annuale, nella parte dedicata alla cannabis, sostene “il totale fallimento dell’azione repressiva sul contrasto alla diffusione dei derivati dalla cannabis” invitando la politica a riflettere sulla necessità di approvare una qualche forma di legalizzazione.
A farlo sono stati i 128 promotori della proposta di legge che a breve dovrebbe essere discussa in parlamento. La proposta prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità di cannabis per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa e si potrà coltivare fino ad un massimo di 5 piante sul proprio balcone. Divieto assoluto su tutta la linea per i minorenni.
La proposta prevede anche la nascita dei Cannabis social club: agli over 18 residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in enti senza fini di lucro. Regole precise anche per quanto riguarda la vendita: previa autorizzazione si potrà coltivarla e lavorarla e la vendita al dettaglio avverrà in negozi dedicati, forniti di licenza dei Monopoli. Rimangono i divieti di fumo nei luoghi pubblici e di guida sotto l’effetto di cannabis. Infine il 5% dei proventi dalla legalizzazione saranno destinati al finanziamento dei progetti del Fondo nazionale per la lotta alla droga.
Ma quale sarebbe il valore economico della legalizzazione? Essendo un business illegale, in mano alla malavita organizzata, fare una stima del valore del mercato della cannabis è molto complesso, ma possiamo cercare di farci un’idea.
Per farlo come proponeva LaVoce.info nel 2014, si può usare il modello dei costi e dei benefici. Le fasi per la legalizzazione della cannabis sono principalmente due, ognuna con i suoi benefici e i suoi costi: abolizione di pene e sanzioni per chi coltiva e detiene cannabis; l’organizzazione statale della produzione e del commercio di cannabis. Per il primo passo si possono ipotizzare un aumento dei costi legati alle spese sanitarie che potrebbero aumentare in seguito alla rimozione delle sanzioni e quindi al maggior utilizzo della cannabis. Mentre tra i benefici si annovera l’emersione dell’economia illegale legata alla cannabis e la riduzione delle spese per le forze di polizia e i magistrati che si occupano dei reati legati allo spaccio e al consumo della cannabis. Quest’ultima secondo una stima della Sapienza svolta per gli anni 2000-2005 si attesta a circa 5,7 miliardi, più di un miliardo di spese l’anno. Per il secondo passo invece si possono prevedere dei costi iniziali per la regolamentazione del nuovo commercio, ma anche dei benefici in termini di maggior gettito fiscale.
Secondo uno studio dell’Università La Sapienza di Roma basato sui dati di una ricerca del National bureau of economic research i profitti statali in termini di tassazione del commercio della cannabis sarebbero davvero ingenti. Prendendo in considerazione i prezzi del mercato illegale della cannabis e il consumo presunto, con un’aliquota fiscale al 75%, sulla falsa riga di quella applicata per le sigarette, le casse dello Stato incasserebbero almeno 6 miliardi di euro l’anno.
E quanto pesa l’economia illegale sul PIL? Difficile stabilire anche questo, non potendo “chiedere” i libri contabili alla malavita organizzata che ha il monopolio del commercio della cannabis. Prendendo le stime più alte e quelle più prudenti, il mercato illegale della cannabis vale tra i 24 e i 60 miliardi di euro. In sostanza la legalizzazione avrebbe un impatto positivo sul PIL da un minimo dell’1,5% ad un massino che va oltre il 3%. E’ difficile quantificare la percentuale precisa, ma i benefici per gli indicatori di finanza pubblica sarebbero indubbi.
Al risparmio in termini di spesa per la repressione del commercio di cannabis, si aggiungono i guadagni in termini di gettito fiscale, i benefici sulla finanza pubblica e i cosiddetti benefici indiretti. Tra questi l’utilizzo delle forze di polizia per combattere altri reati, lo spazio guadagnato in termini di posti in carcere e l’alleggerimento del sistema giudiziario a cui si aggiunge la creazione di nuovi posti di lavoro per la coltivazione e messa in vendita della cannabis.
Ma i rischi per la salute dei cittadini? Replicano i proibizionisti. Sul tema si potrebbe non soltanto scrivere un articolo, ma libri interi. Ma una prima fotografia indicativa può arrivare dall’Olanda dei coffee shop in cui la legalizzazione ha avuto un impatto ridotto sul consumo dei residenti, mentre ha attirato i fumatori di mezzo mondo pronti a spendere per consumare legalmente la marijuana. Il punto è che chi si vuole drogare lo fa anche se è vietato e le leggi italiane, visto l’alta percentuale di consumatori di cannabis, non riescono a fargli passare la voglia. A questo si può aggiungere il fatto che trasformando la produzione e la vendita di cannabis in un business legale si farebbero anche maggiori controlli sul “prodotto finale” attualmente lasciato in mano alla delinquenza che difficilmente si mette a fare controlli di qualità sulle droghe che smercia. Infine si potrebbe aprire un dibattito infinito sul grado di nocività della cannabis confrontata con alcool e sigarette prodotti in commercio da anni e su cui lo Stato incassa somme interessanti in termini di gettito fiscale.
Insomma il dibattito etico e sanitario lo lasciamo ad altre sedi, il dato certo è che l’emersione della produzione e della vendita di cannabis avrebbe indubbi lati positivi dal punto di vista economico per le casse statali. Esemplari in questo senso sono anche gli esempi provenienti dagli Stati Uniti che negli ultimi anni sono andati al voto per decidere se legalizzare o meno la cannabis. A marzo 2014 il Department of Revenue, ovvero il Tesoro del Colorado ha diffuso i dati sulla vendita della marijuana nel primo mese di commercio libero dopo il referendum che ne ha sancito la vendita libera a scopo ricreativo. In un mese i primi 59 negozi aperti hanno incassato 14 milioni di dollari. Secondo le previsioni statali il prossimo anno fiscale il mercato della marijuana raggiungerà il miliardo di dollari, dai quali lo Stato del Colorado incasserà almeno 130 milioni di gettito fiscale. Nuovi incassi che per lo Stato italiano, soprattutto in questo momento, sarebbero una boccata d’ossigeno.
Insomma sorvolando sui rischi per la salute e la questione etica legata alla legalizzazione alle casse dello stato la marijuana libera farebbe bene eccome.