Luca V. Calcagno – Marco Grimaldi (Sel) è, insieme a Mario Giaccone, autore della legge sull’uso terapeutico della cannabis, approvata dal Consiglio regionale del Piemonte nel mese di giugno. Lo abbiamo intervistato su questa legge, sul proibizionismo e sulla legalizzazione della cannabis.
Come nasce idea della proposta di legge sull’uso terapeutico della cannabis?
Il tabù sulla canapa ha reso difficile ai malati l’accesso ai farmaci a base di questa sostanza, costringendoli a ripiegare su oppiacei e morfina. Per questo ho deciso di scrivere una legge per costruire un quadro di riferimento normativo per i medici. Volevo che il testo della proposta non risentisse del mio impianto antiproibizionista, perciò ho scelto di redarlo insieme a Mario Giaccone, presidente dell’ordine dei farmacisti, che mi ha anche fornito un supporto tecnico. A livello nazionale, comunque, qualcosa c’era già: dal 2007 è possibile già di per sé la prescrizione dei medicinali, grazie a un decreto del Ministro della salute di allora Livia Turco. Ma questa decisione non è stata ripresa da una legge nazionale, rimanendo sotto forma di decreto.
Come funziona la legge?
Permette di prescrivere farmaci a base di canapa a quei malati che ne necessitano, con le spese a carico dei Servizi sanitari regionali. Inoltre contempla per la Regione la possibilità di avviare sperimentazioni o progetti pilota in convenzione con Università, centri di ricerca e altri soggetti autorizzati. In più impegna la Regione a promuovere la ricerca scientifica e percorsi di formazione e aggiornamento per gli operatori sanitari.
Questi medicinali, importati dall’estero, hanno un costo elevato…
È per questo che per ridurre le spese fisse legate all’acquisto dei medicinali, vorremmo centralizzare gli acquisti, lo stoccaggio e la distribuzione alle farmacie ospedaliere. In questo modo con ordini unici per tutte le farmacie, anziché singoli da ognuna, si diminuiranno i costi.
Non era la prima volta che si occupava di cannabis…
A 26 anni avevo presentato nel Consiglio comunale di Torino una mozione che riguardava tutti i settori legati alla canapa, dall’informazione, alla prevenzione, alla diminuzione del danno, alla cura e alla legalizzazione. Il documento non è passato per soli due voti.
Poi nel 2013, insieme a Silvio Viale, ho presentato al Consiglio il primo documento di richiesta dell’abolizione della Fini-Giovanardi, passato poi nel 2014. Sul nostro modello si sono espresse altre città italiane e poco dopo la Corte Costituzionale ha dichiarato la Fini-Giovanardi illegittima.
Il proibizionismo ha fallito?
Il proibizionismo è miope, ideologicamente antagonista alla liberalizzazione della canapa, nonché storicamente ha sempre finito con il regala alle narcomafie un mercato enorme. Paradossalmente la depenalizzazione, che impedisce però di coltivare da sé, attualmente in vigore è ancora di più un regalo al mercato illegale. Occorre sfatare questo tabù legato alla cannabis. La stessa Dna (Direzione nazionale antimafia) ha riconosciuto che si deve registrare un fallimento su tutta la linea dell’azione repressiva, nonostante l’ingente quantitativo di forze impiegate.
Secondo lei la proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis promossa dall’Intergruppo parlamentare potrà diventar legge?
Qualche mese fa sarei stato scettico, ma adesso credo che alla Camera ci siano i numeri. Ci troviamo difronte a uno dei parlamenti più giovani d’Italia e una grande convergenza di forze su questo tema: da Della Vedova a un ex-radicale e renziano come Giacchetti, c’è Civati, il Movimento 5 Stelle, tutto Sel, Chiara Gribaudo come molti altri giovani del Pd.
Invece al Senato?
Al Senato sarà più difficile, dipende molto dai falchi del centrodestra e dalle larghe e piccole intese che si creeranno contro la proposta di legge. Credo che i conservatori faranno una campagna contro, giocandosi la carta del benaltrismo, del tipo “Serve altro all’Italia che pensare alla legalizzazione della canapa”. Ma è la carta che si giocano quando non hanno altre argomentazioni.
Eppure la proposta intende mettere il monopolio dello Stato sulla cannabis, il che porterebbe delle entrate…
Infatti c’è uno studio del dottor Marco Rossi della Sapienza che con un monopolio alla stregua di quello del tabacco sulla canapa potrebbero entrare anche 7 miliardi all’anno. Una cifra che, per esempio potrebbe essere utilizzata per il reddito minimo garantito, oltre che per i progetti legati all’informazione e alla prevenzione, come previsto nella proposta di legge presentata dall’Intergruppo.
Una somma importante…
È vero, ma bisogna evitare che lo Stato italiano si comporti come con il gioco d’azzardo con la cui legalizzazione siamo passati da un estremo all’altro, ritrovandoci praticamente un casinò a ogni angolo di strada. In questo modo c’è il rischio di far rientrare le mafie in quel mondo, per esempio con macchinette illegali. Occorre che in Italia cambi il modo di fare le cose e, circa la canapa, evitare di fornire una copertura legale a chi voglia speculare sui consumi.
Cosa si potrebbe fare in questo senso?
Una risposta potrebbero essere i Cannabis social club, che con l’autoproduzione evitano l’ingerenza di nuove multinazionali e non consegnano loro un nuovo business. In questo senso la gestione è cooperativa, legata alla terra, e su licenza; il che permettere di avere una Banca dati dei club. Inoltre, questi potrebbero anche essere il luogo dove la canapa viene venduta ai propri iscritti. Non dovrebbe diventare una fumeria in stile coffee shop, però dovrebbe permettere di fumarvi all’interno.
Cosa risponde a chi dice che dalla spinello si arriva all’eroina?
Rispondo quello che dico sempre nelle scuola, quando mi viene fatta questa domanda dai ragazzi. Chiedo: “Ma tu una birra l’hai mai bevuta?” e alla risposta affermativa, domando: “Sei diventato alcolizzato? Ti ubriachi ogni sera?”.
È chiaro che ci siano delle scelte individuali che portano dalla canapa all’eroina, non si può scrivere una regola valida per tutti. Ricordiamo che nelle proposta di legge dell’Intergruppo un 5% delle entrate sarebbero rivolte a programmi di prevenzione.
La battaglia vinta in Piemonte, può far ben sperare i favorevoli alla legalizzazione della cannabis…
Come dicevo prima c’è chi dirà che all’Italia serve altro, non lo metto in dubbio, ma Marco Grimaldi, e come lui molti altri, si occupa anche di legalizzazione, non soltanto di quella tutti i giorni.
Il Consiglio Regionale del Piemonte, così come la Città di Torino, ha dimostrato di aver trovato il tempo per occuparsi anche di questo tema, sebbene non come iniziativa principale. Se Camera e Senato avessero fatto come il Consiglio Regionale a quest’ora una legge ci sarebbe.
Questa vittoria dimostra che le battaglie vanno combattute fino in fondo, poi si possono anche perdere. Ma ogni tanto, invece, si vincono e non c’è cosa peggior che pensare di vincere sempre, e questo lo dico anche alla sinistra italiana. Dopo la vittoria occorre che questa continui a presidiandone il risultato.