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 › Patologie › Insonnia familiare fatale, cos’è? – Osservatoriomalattierare.it

Insonnia familiare fatale, cos’è? – Osservatoriomalattierare.it

Redazione Dicembre 19, 2018     No Comment    

Insonnia Familiare Fatale

Insonnia Familiare Fatale

L’insonnia familiare fatale è una patologia rara e molto grave che colpisce il sistema nervoso centrale ed è causata da ‘proteine infettive’ chiamate prioni

Cos’è l’insonnia familiare fatale?

L’insonnia familiare fatale (IFF) è una malattia genetica rara, neurodegenerativa e – come dice il nome stesso – fatale, descritta per la prima volta nel 1986 da Lugaresi e colleghi. È una malattia prionica, cioè è causata da proteine irreversibilmente alterate nella loro struttura, chiamate prioni. Colpisce sia maschi che femmine e ha un decorso generalmente rapido (variabile da pochi mesi a 2 anni) dopo l’insorgenza dei primi sintomi, che appaiono di solito tra i 37 e i 61 anni, anche se sono stati descritti casi di pazienti con sintomi conclamatisi entro i 30 anni.

La prevalenza delle malattie prioniche (genetiche e non) è di 1-1.5 casi per milione di abitanti all’anno. Le forme genetiche costituiscono il 10% del totale e l’insonnia familiare fatale è molto rara, con solo 57 casi confermati in 27 famiglie in tutto il mondo, 2 delle quali italiane.

Le proteine responsabili sono le cosiddette proteine prioniche (PrP) che si trovano normalmente sulla membrana plasmatica delle cellule di tutti i tessuti dei mammiferi, in particolare nel cervello, anche se la loro funzione non è ancora stata scoperta. La forma anomala di queste proteine, che presenta un’alterazione nella struttura, tende ad accumularsi nel tessuto cerebrale, ad infettare altre proteine PrP normali ed a causare la degenerazione e la morte dei neuroni, che ‘suicidandosi’ per apoptosi (morte cellulare programmata) danno al tessuto cerebrale un tipico aspetto a ‘spugna’. È proprio per questo che le malattie prioniche vengono chiamate encefalopatie spongiformi rare e possono essere sporadiche, ereditarie o trasmesse. L’insonnia familiare fatale rientra tra le forme ereditarie, assieme alla malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) e alla malattia di Gerstmann-Straussler-Scheinker; esistono, però, anche forme sporadiche non trasmissibili di IFF (24 casi riportati fino al 2016) e di CJD. Tra le forme che possono essere trasmesse per via infettiva tra gli esseri umani – avvenimento molto raro – c’è una variante della CJD e la Kuru, una malattia prionica diffusa tra gli indigeni della Nuova Guinea a causa di rituali cannibalistici. Scomparsa grazie all’introduzione del divieto di praticare questa tipologia di riti, la Kuru resta di interesse storico e di innegabile importanza per la ricerca scientifica.

Cause e sintomi dell’insonnia familiare fatale

L’insonnia familiare fatale è causata dalla mutazione del gene PRNP, localizzato sul cromosoma 20, ed è stato scoperto che la trasmissione della malattia è di tipo autosomico dominante: ciò significa che un genitore portatore della mutazione ha il 50% di probabilità di trasmettere il gene mutato a ciascun figlio o figlia.

Il decorso clinico dell’insonnia familiare fatale include sintomi neurologici e non, sia nello stadio iniziale che in quello avanzato, e nella maggior parte dei casi il primo sintomo è proprio l’insonnia non trattabile con barbiturici o benzodiazepine. Questo perché i prioni tendono ad accumularsi nel talamo, che è la parte del cervello che controlla il ciclo sonno-veglia e che funge da ‘centro di trasmissione’ delle informazioni, dato che aiuta le diverse parti del cervello a comunicare tra loro. L’insonnia, di solito, si manifesta improvvisamente e peggiora in modo costante per un periodo di pochi mesi. Altri sintomi possono includere attacchi di panico, fobie, perdita di peso, mancanza di appetito e una temperatura corporea troppo bassa (ipotermia) o troppo alta (ipertermia). Possono verificarsi anche ulteriori disturbi, come pressione alta, episodi di iperventilazione, sudorazione e salivazione eccessiva e disfunzione erettile. Con il progredire della malattia, la maggior parte delle persone con IFF sviluppa movimenti anormali, non coordinati (atassia), allucinazioni, delirio e contrazioni muscolari e scatti (mioclonia). Inoltre, si manifesta una demenza che inizia con episodi di dimenticanza e confusione, e che alla fine porta all’impossibilità di camminare e parlare. La totale incapacità di dormire è comune verso la fine del decorso della malattia.

La diagnosi di insonnia familiare fatale è inizialmente suggerita da un deterioramento cognitivo progressivo e rapido (demenza) insieme a particolari comportamenti o cambiamenti di umore, ad atassia e a disturbi del sonno. Un’ulteriore conferma può venire da uno studio del sonno ed eventualmente da una scansione FDG-PET (tomografia ad emissione di positroni con fluoro-desossiglucosio) per l’accertamento della minore attività talamica. La tomografia computerizzata e la risonanza magnetica cerebrale risultano normali. I test genetici possono confermare la diagnosi e il test del portatore per parenti a rischio e il test prenatale sono possibili per le famiglie con diagnosi confermata di insonnia familiare fatale. In Italia, i centri di riferimento diagnostico sono l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano, il dipartimento di Neurologia dell’Università di Bologna e l’Istituto Universitario di Neuropatologia di Verona. Al giorno d’oggi, grazie alla conoscenza più diffusa delle patologie prioniche, anche le UOC di Neurologia dei vari ospedali sparsi sul territorio nazionale sono in grado di fare la corretta diagnosi di malattia da prioni.

Ad oggi, non esistono terapie risolutive per le malattie da prioni e non si conoscono casi di pazienti guariti spontaneamente. Tuttavia, la ricerca è in corso e alcuni possibili trattamenti sono in via di sviluppo. In Italia, ad esempio, è in corso uno studio clinico decennale sull’impiego dell’antibiotico doxiciclina. Tra i centri di ricerca particolarmente attivi nel campo dell’insonnia familiare fatale e delle malattie da prioni, vanno menzionati l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Milano (con il dott. Gianluigi Forloni e il dott. Roberto Chiesa), l’Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano (con il prof. Fabrizio Tagliavini, la dott.ssa Veronica Redaelli e il dott. Fabio Moda), il Policlinico di Zurigo, in Svizzera (con il prof. Adriano Aguzzi), il Broad Institute of MIT and Harvard, negli USA (con il biologo Eric Minikel) e L’Università di Gottinga, in Germania (con la dott.ssa Inga Zerr, a capo del gruppo di ricerca sui prioni)

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