I risultati dello studio italiano – Le persone che avevano mantenuto costante il loro modo di consumare il caffè (una tazza al giorno) avevano meno rischi di incorrere nella MCI rispetto agli altri che o avevano modificato le loro abitudini, oppure consumavano più o meno caffè. In particolare è emerso che gli individui cognitivamente normali più anziani che modificato le loro abitudini, aumentando con il tempo la loro quantità di consumo di caffè (più di una tazza di caffè al giorno) avevano circa due volte più alto il tasso di MCI rispetto a quelli con abitudini ridotte (meno di una tazza di caffè al giorno). Allo stesso tempo, le stesse persone avevano un tasso più alto di circa una volta e mezzo rispetto a quelle con abitudini costanti (né più né meno di un caffè al giorno). Inoltre, coloro che abitualmente avevano consumato quantità moderata di caffè (1 o 2 tazze di caffè al giorno) avevano un tasso ridotto dell’incidenza di MCI rispetto a coloro che abitualmente non consumavano mai se non raramente, caffè.
Il segreto risiede in un consumo moderato e regolare – Nessuna associazione significativa è stata verificata tra chi abitualmente consumate più alti livelli di consumo di caffè (più di 2 tazze di caffè al giorno) e l’incidenza di MCI rispetto a quelli che non hanno mai o raramente consumato caffè. “Il consumo di caffè moderato e regolare può avere effetti neuroprotettivi anche contro MCI conferma studi precedenti sugli effetti protettivi a lungo termine di caffè o di te’ contro il declino cognitivo e demenza”, ha detto Vincenzo Solfrizzi, dell’Università di Bari e uno dei principali autori della ricerca.