Nel rigettare il ricorso promosso da una dipendente licenziata per motivi inerenti il riassetto organizzativo ed economico dell’impresa, la Suprema corte si sofferma su tali concetti, definendoli giuridicamente e fornendo relativa interpretazione.
Quando si parla di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, spiega la Corte, si intende quel tipo di licenziamento irrogato per “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.
Il giudice del lavoro ha il potere di individuare la sussistenza o meno di tale motivo, “senza che il giudice possa sindacare la scelta dei criteri di gestione d’impresa, atteso che tale scelta è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost.”.
L’onere della prova, in questo caso, è a carico del datore di lavoro, il quale deve dimostrare che sia impossibile utilizzare l’opera del lavoratore anche per mansioni diverse rispetto a quelle prima svolte (ad esempio, riduzione degli utili aziendali, blocco delle assunzioni).
Nella stessa sentenza si parla di mobbing e del relativo onere probatorio (dato che la dipendente aveva anche richiesto il risarcimento danni sostenendo di essere stata vittima di azioni persecutorie).
La Corte spiega che “Per mobbing si intende (…) una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione o l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità”.
Dal punto di vista probatorio, il dipendente deve dimostrare l’esistenza di una pluralità di eventi lesivi, il danno subito e il nesso causale tra le condotte e l’evento dannoso.
Gli eventi, inoltre, devono essere stati posti in essere in maniera sistematica, finalizzati a recare danno al dipendente.
Qui di seguito il testo della sentenza.