Roma, 31 maggio 2015 – TRE milioni di chili all’anno. Un mercato di dimensioni gigantesche quello della cannabis, pari a una media di 100/200 dosi annue per ogni italiano. Tanto che perfino la Direzione nazionale antimafia ha dovuto alzare bandiera bianca: «Totale fallimento dell’azione repressiva», il verdetto scritto nero su bianco nella relazione depositata in Parlamento a febbraio. Da qui, il suggerimento di depenalizzare i reati connessi all’uso e al consumo di cannabis. Suggerimento raccolto dal sottosegretario Benedetto Della Vedova che si è fatto promotore di un’intergruppo parlamentare, al quale hanno già aderito 108 onorevoli di tutti gli schieramenti. La prima bozza di un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis arriverà in settimana, con l’obiettivo di calendarizzarlo entro l’estate. La ratio della legge è semplice: sottrarre un mercato estremamente redditizio alla mafia dirottando i benefici nelle casse dello Stato.
QUALCUNO lo ha già fatto. E i risultati sono sorprendenti. Il Colorado, che ha legalizzato la cannabis da quasi due anni, ha annunciato la restituzione di 30 milioni di tasse ai cittadini proprio per effetto dell’aumento del gettito fiscale dovuto alla legalizzazione. Ma per il piccolo Stato a stelle e strisce (5 milioni di abitanti), ciò ha significato anche togliere alla criminalità organizzata un business da un miliardo di dollari con 10mila potenziali posti di lavoro legali. In America, storicamente patria del proibizionismo, altri Stati hanno seguito l’esempio e Obama non sembra intenzionato a contrastare questa tendenza a livello federale.
E in Italia? Uno studio dell’Università La Sapienza stima per il nostro Paese un beneficio fiscale annuale di quasi 10 miliardi di euro dalla legalizzazione dell’intero mercato degli stupefacenti. In particolare, l’erario risparmierebbe circa 2 miliardi all’anno di spese per l’applicazione della normativa proibizionista (polizia, magistratura, carceri) e incasserebbe circa 8 miliardi all’anno dalle imposte sulle vendite (5,5 dalla sola cannabis).
MA NON SOLO. Uno dei benefici diretti più consistenti si tradurrebbe in quella parte di Pil che oggi non viene contabilizzata nelle statistiche ufficiali, legata alla produzione e alle transazioni effettuate nel mercato illegale degli stupefacenti: secondo le stime la legalizzazione produrrebbe un aumento percentuale del Pil ‘ufficiale’ annuo tra l’1,20 e il 2,34 per cento. Naturalmente si tratta di stime difficili, poiché si tratta di un mercato sommerso, ma senza dubbio di vastissime dimensione. E l’impatto sugli indicatori economici che l’Italia con fatica cerca di far quadrare nel rispetto dei vincoli europei ne trarrebbero non poco beneficio. Ossigeno per le casse dello stato, certo. Ma ci sono anche benefici indiretti: potenziali nuovi posti di lavoro e risparmi nell’apparato repressivo da destinare ad altre emergenze.
Tutto questo, al netto dell’ideologia che da sempre accompagna il dibattito su questi temi in Italia. Chissà se dopo il divorzio breve, arriverà anche la svolta sulla cannabis.
di ALESSIA GOZZI