Ho 24 anni e ho avuto il primo attacco di panico quando ne avevo 18. A quel primo episodio sono seguiti mesi di malessere e disturbi, ma il tutto si è concluso senza che io abbia dovuto ricorrere a farmaci o terapie. Dopo quattro anni, però, ho avuto un altro forte attacco, seguito da settimane di forte malessere e distacco dalla realtà. Mi sono sottoposto a terapia psicoanalitica e sono ricorso a farmaci (Escitalopram che ancora assumo ma a dosi ridotte), e il recupero della normalità è stato più veloce della volta precedente. Ora sto bene ma capita, specialmente in concomitanza a determinate situazioni psico-fisiche (come forte stanchezza fisica o assunzione di un po’ di alcol), di sentire certi campanelli di allarme degli attacchi, che mi spaventano. Devo aspettarmi che mi ricapiti un altro attacco? Che cosa mi consiglia di fare per prevenire l’eventualità di un’altra crisi? Nonostante una serie di esami medici negativi, temo che questi attacchi di panico siano sintomo di qualche importante problema fisico (o psichico).
Risponde Giancarlo Cerveri, Dipartimento neuroscienze dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano
Cominciamo dal primo attacco di panico, che lei fa risalire con sicurezza ai 18 anni. Nella mia esperienza clinica ho avuto modo di notare frequentemente la tendenza del primo episodio a «stamparsi» nella memoria. Ci sono persone che mi hanno descritto un episodio avvenuto 25 anni prima con una ricchezza di particolari sorprendente. Il motivo di tanta precisione sta nella percezione di una sofferenza e di una paura di intensità elevatissima. Quando una persona con un attacco di panico si rivolge in Pronto Soccorso perché è convinto di avere un infarto, prova una paura così intensa da rendergli certo l’arrivo della morte. Una paura irrazionale, giudicata eccessiva nei momenti di tranquillità ma che quando sopravviene risulta incoercibile. Quando una persona ha un attacco di panico sperimenta una condizione di timore di intensità sovrumana da cui la scelta di derivare il nome della malattia da una antica divinità: il dio Pan.
Trattamenti efficaci
Veniamo al decorso della malattia. Lei fa riferimento a un periodo di forte malessere e di disturbi a seguito degli attacchi di panico. Ma di che tipo di disturbi si trattava? Con grandissima frequenza il disturbo di panico si caratterizza non solo per gli attacchi improvvisi e intensi, che di fatto occupano un tempo limitato, ma anche per la presenza di fenomeni di ansia anticipatoria e condotte di evitamento (evitare tutti quei luoghi che potrebbero far venire un attacco a da cui sarebbe difficile allontanarsi in caso di attacco). Per il disturbo di panico esistono però trattamenti efficaci. L’intervento farmacologico a dosaggi adeguati, e per tempi adeguati, produce in moltissimi casi una regressione dei sintomi e permette di ricominciare a vivere la propria vita. L’obiettivo di tali interventi deve essere la riacquisizione di uno stato di salute ottimale e non la semplice attenuazione dei sintomi più disturbanti. Nel suo caso, ritengo opportuna una rivalutazione dei dosaggi della terapia che sta assumendo. L’associazione a interventi psicoterapici specifici per il disturbo è estremamente utile a modificare le condotte di evitamento e ridurre l’ansia anticipatoria. Interventi più di natura psicanalitica non si sono dimostrati altrettanto efficaci.
Un «allarme biologico»
Sul rapporto tra disturbo di panico e sintomi fisici sono stati effettuati numerosi studi. Spesso chi soffre di questo disturbo si sottopone a valutazioni cardiologiche e pneumologiche. I risultati sono invariabilmente non significativi, a parte il fortuito riscontro di anomalie non correlate con i sintomi da panico. Eppure spesso nella fase acuta del disturbo i sintomi fisici sono frequenti, a volte suggestivi di quadri neurologici (parestesie), a volte vestibolari (nausee e vertigine). Secondo molti ricercatori l’attacco di panico è espressione dell’innesco di un fisiologico meccanismo di reazione all’annegamento o soffocamento, presente diffusamente nei mammiferi, che si innesca quando l’ossigeno nel sangue cala e l’anidride carbonica sale. In molti esperimenti si è osservato che l’utilizzo di sostanze che mimavano un aumento di quest’ultima erano in grado di scatenare in soggetti affetti degli attacchi di panico. E pare sempre più credibile che qualunque sia la causa di questo disturbo, il meccanismo finale passi per questo sistema di «allarme biologico» che produce un’alterazione del funzionamento di diversi apparati.